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LABOR || LAVORO SPORTIVO: IL CORRETTIVO CHE NON C’E’

a cura di
Gabriele Brunello

Questa del lavoro sportivo, in vigore da luglio, si sta trasformando da una riforma ad una spy story. Il correttivo bis atteso per fine luglio non è ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed intanto associazioni sportive dilettantistiche si stanno trovando a fare i conti con una rivoluzione epocale senza strumenti certi e agili.

Se è pur vero che il settore dello sport lasciava spazio ad alcune pratiche non proprio regolari e note a tutti (nessuno escluso) è pur vero che riempire di adempimenti fiscali, giuslavoristici e di sicurezza sul lavoro farà lievitare i costi che queste realtà dovranno sostenere. Di fatto ci si chiede se questi costi potranno essere coperti o se le associazioni/società si troveranno costrette a scaricarli sui tesserati (e le loro famiglie). Pare quasi sciocco ricordare che il settore sportivo è costituito perlopiù da piccole realtà (non sono tutte la Juventus, l’Olimpia Milano, l’Imoco Volley, ecc.) sostentate da presidenti, allenatori, preparatori che si dedicano fuori orario di lavoro e per la passione che li guida a insegnare, a bimbi e ragazzi prima di tutto ed alle loro famiglie, un gioco, una disciplina di vita, le regole e la bellezza dello stare insieme, il benessere e la salute psichica-alimentare. Sono una parte importante del tessuto sociale dei territori attraverso gare, allenamenti, manifestazioni, centri estivi (eh sì, l’aumento dei costi impatterà che su questi la prossima estate), stage in località turistiche.

Allora mi chiedo se moltiplicare fattispecie lavorative (ben cinque: il collaboratore amministrativo gestionale, il volontario, lo sportivo dilettante dipendente, lo sportivo professionista dipendente, lo sportivo professionista autonomo) con discipline tutte differenziate e obblighi fiscali, previdenziali, assicurativi e di sicurezza specifici sia la strada per portare maggior ordine o sia solo un pretesto per fare selezione ma di per contro ingessando un mondo, quello dello sport, che invece è elastico per natura. Mi chiedo se alcuni presidenti di associazioni sportive che per anni, nelle difficoltà, soprattutto post pandemiche, hanno comunque lavorato, spesso durante una pausa pranzo lavorativa o di notte, vedendosi aumentate le proprie responsabilità anche personali nei confronti degli enti avranno la stessa voglia di portare avanti i progetti sul campo.

Allora forse dovremmo fare un passo indietro, riflettere su quali siano attività imprenditoriali camuffate da associazioni e meritevoli di essere attenzionate e quali invece sono attività che devono essere aiutate anche cercando di non aumentare incombenze e costi.

Aspettiamo il fantomatico correttivo bis, allegando l’Infografica riforma lavoro sportivo che lo anticipa, ricordandoci che i tesserati (parola forse un pò fredda) potrebbero essere i campioni del futuro, in ogni caso rappresentano ragazzi e famiglie che stanno mettendo il benessere, la cultura, la socialità al centro dei loro progetti. Ci sono allenatori che iniziano da giovani a misurarsi e che diventeranno tecnici di prima fascia, dirigenti che guideranno il movimento sportivo ad alti livelli.

Ettore Messina è stato lanciato da ragazzo come allenatore di pallacanestro, non era forse nemmeno maggiorenne. In una palestra del veneziano gli hanno dato una possibiltà, l’ha sfruttata, è il più grande allenatore di basket italiano di sempre. Non vorrei che tra visite mediche, rimborsi documentati, sicurezza sul lavoro, assicurazioni, INAIL, contributi e altro, oggi un’associazione sportiva preferisca non dare quella possibilità ad un nuovo Ettore Messina.

Come sempre “I love this game”.

 

 

 

 

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