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SOSTENIBILITA’ || DALL’UE NUOVE NORME SULLA TRASPARENZA RETRIBUTIVA. ED IN ITALIA COME STIAMO MESSI? SARANNO EFFICACI?

a cura di
Gabriele Brunello

ESTRATTO DAL COMUNICATO STAMPA DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA (per consultarlo interamente CLICCA QUI ) :

“Il Consiglio ha adottato nuove norme per combattere la discriminazione retributiva e contribuire a colmare il divario retributivo di genere nell’UE.

Ai sensi della direttiva sulla trasparenza retributiva, le imprese dell’UE saranno tenute a fornire informazioni su quanto corrispondono alle donne e agli uomini per un lavoro di pari valore e a intervenire, se il divario retributivo di genere supera il 5%.

La nuova direttiva contiene inoltre disposizioni in materia di risarcimento per le vittime di discriminazione retributiva, come pure sanzioni, che comprendono ammende, per i datori di lavoro che non rispettano le norme.

Perché la trasparenza retributiva è necessaria?

Nell’UE le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi uomini e il divario retributivo di genere è rimasto sostanzialmente immutato nell’ultimo decennio.

Sebbene questa differenza sia imputabile a una serie di fattori, la discriminazione retributiva è riconosciuta come uno dei principali ostacoli al conseguimento della parità di retribuzione in base al genere.

La disparità retributiva espone le donne a un maggiore rischio di povertà e contribuisce al divario pensionistico dell’UE, che nel 2018 si attestava intorno al 30%.

Accesso alle informazioni

In base alle nuove norme i datori di lavoro avranno l’obbligo di fornire alle persone in cerca di lavoro informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla fascia retributiva dei posti vacanti pubblicati, riportandole nel relativo avviso di posto vacante o comunicandole prima del colloquio di lavoro. Ai datori di lavoro sarà inoltre fatto divieto di chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro .

Una volta assunti, i lavoratori e le lavoratrici avranno il diritto di chiedere ai propri datori di lavoro informazioni sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Avranno inoltre accesso ai criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Obbligo di comunicazione

Le imprese con più di 250 dipendenti saranno tenute a riferire annualmente all’autorità nazionale competente in merito al divario retributivo di genere all’interno della propria organizzazione. Per le imprese più piccole (inizialmente quelle con più di 150 dipendenti), l’obbligo di comunicazione avrà cadenza triennale.

Se dalla relazione emerge un divario retributivo superiore al 5% non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, le imprese saranno tenute ad agire svolgendo una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

Accesso alla giustizia

Ai sensi della nuova direttiva, i lavoratori e le lavoratrici che hanno subito una discriminazione retributiva basata sul genere possono ottenere un risarcimento, compreso il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura.

Sebbene l’onere della prova, nei casi di discriminazione retributiva, sia stato solitamente a carico del lavoratore o della lavoratrice, spetterà ora al datore di lavoro dimostrare di non aver violato le norme UE in materia di parità di retribuzione e trasparenza retributiva. In caso di violazioni, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive e comporteranno delle ammende.

Estensione del campo d’applicazione

Per la prima volta, la discriminazione intersezionale (ossia fondata su una combinazione di molteplici forme di disuguaglianza o svantaggio, come il genere e l’etnia o la sessualità) è stata inclusa nell’ambito di applicazione delle nuove norme. La direttiva contiene inoltre disposizioni volte a garantire che si tenga conto delle esigenze delle persone con disabilità.

Prossime tappe

La direttiva sulla trasparenza retributiva entrerà in vigore al momento della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Successivamente, gli Stati membri dell’UE avranno tre anni per “recepire” la direttiva, adeguando la rispettiva legislazione nazionale per includere le nuove norme.
Due anni dopo il termine di recepimento, l’obbligo di comunicare informazioni sulle retribuzioni in base al genere ogni tre anni sarà esteso alle imprese con più di 100 dipendenti (inizialmente l’obbligo di comunicazione si applicherà solo alle imprese con almeno 150 dipendenti). “

La parità di genere sul lavoro ma, più in generale, giungere all’equità di condizioni lavorative non solo economiche tra tutti i lavoratori è un obiettivo che accomuna tutti noi europei. Questa normativa come impatterà nel mercato del lavoro in particolar modo italiano? Gli effetti saranno migliorativi, nulli o addirittura peggiorativi?

E’ importante intanto dire che da molti anni in Italia vi è l’obbligo di stilare il Rapporto biennale parità uomo – donna da inviare alla Consigliera Regionale per le pari opportunità e alle sigle sindacali presenti in azienda. In questo rapporto sono già riportate molte informazioni sulla situazione retributiva divise per genere e negli ultimi anni i prospetti sono caricati telematicamente nelle banche dati regionali, facilmente consultabili, e coinvolgono tutte le aziende con più di 100 (da un anno a questa parte il limite è stato abbassato a 50) dipendenti. Nonostante quindi un importante flusso informativo sia già nelle mani degli organi competente e delle sigle sindacali aziendali la situazione non parrebbe florida.

Dobbiamo fare di più o forse dobbiamo fare diversamente? O forse non siamo messi così male come sembra?

In un Paese come il nostro dove la parcellizzazione aziendale è estrema e il tessuto produttivo conta la stragrande maggioranza delle aziende al di sotto della soglia dei 50 dipendenti questi ulteriori oneri gravanti sulle aziende hanno veramente un senso?

Ancora, il divario del 5% come sarà calcolato? Sulla base di quali indici? Al di là di essere interessato a capire il meccanismo matematico, personalmente non comprendo perché, su una tematica del genere, vi sia una specie di “soglia di tolleranza della discriminazione”.

Credo poi sarà problematico gestire il tema delle informazioni da dare al lavoratore in fase di annuncio lavorativo e primi colloqui preassuntivi. Sono molto rischiose le distorsioni date da pubblicare fin dall’inizio una RAL che si intende erogare che a mio avviso potrebbe anche abbassare il livello delle retribuzioni offerte o modificare le modalità di selezione e scrematura dei curricula o gestione della fase colloquiale (precedenti esperienze lavorative). L’ingessamento delle procedure di selezione potrebbe diventare deleterio soprattutto in realtà medio piccole quasi sempre non abituate alle rigidità e alle burocratizzazioni. E poi siamo sicuri che tutti siano muniti di procedure esplicative della determinazione della progressione retributiva e di carriera?

Certo alcuni obietteranno che c’é tempo per adeguarsi e che non si può fare diversamente. Io con molta semplicità chiedo se queste sono le azioni che servono per affermare obiettivi di equità nelle aziende. Se forse, per esempio, sulla tematica della genitorialità non sarebbe meglio dire intanto che molto si è fatto e molto è cambiato in questi anni, ma che i grandi assenti oggi sono i servizi pubblici che dovrebbe dare la possibilità al genitore di lavorare dimostrando sul campo il suo valore con la tranquillità che suo figlio, colui che ama di più, è in buone mani. Sia lavoratori che aziende mettano il lavoro al centro delle loro esigenze e mettano la qualità del loro lavoro e di quello che offrono come condizione fondamentale dei loro obiettivi generali.

 

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