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LABOR || ANCHE IL PADRE CHE SI DIMETTE VA IN NASPI

a cura di
Gabriele Brunello

La prestazione di disoccupazione NASPI spetta anche al padre che si è dimesso, entro il primo anno di vita del bambino, dopo aver fruito del congedo di paternità obbligatorio. L’INPS, richiamando il D. Lgs. n. 105/2022, in vigore dal 13 agosto 2022, ha ricordato che al Testo Unico in materia di tutela e sostegno della genitorialità è stato introdotto il congedo di paternità obbligatorio e ha esteso altresì il divieto di licenziamento al medesimo lavoratore che ha fruito del congedo stesso. Più precisamente, il padre lavoratore è tenuto dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi ad astenersi dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili a ore, da utilizzarsi anche in via non continuativa. Il D. Lgs. n. 105/2022, integrando le disposizioni già contenute nel D. Lgs. n. 151/2001, estende, come anticipato, il divieto di licenziamento del padre lavoratore fino al compimento del primo anno di vita del bambino non solo nell’ipotesi del congedo in alternativa alla madre, ma anche nel caso di congedo obbligatorio. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo tutelato, l’Istituto precisa che non vi sono differenze derivanti dalla fruizione del congedo alternativo alla madre o del congedo obbligatorio: né padre né madre lavoratori sono tenuti al preavviso e hanno diritto alla percezione della NASPI qualora ricorrano tutti gli altri requisiti legislativamente previsti.

COSA SUCCEDE ALL’IMPRENDITORE CHE RICEVE LE DIMISSIONI DI UN LAVORATORE CHE HA FRUITO DEL CONGEDO DI PATERNITA’ OBBLIGATORIO ED HA UN FIGLIO DI ETA’ INFERIORE ALL’ANNO? L’impenditore dovrà riconoscere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso (mediamente dai 20 giorni lavortivi in su) e versare all’INPS il contributo di licenziamento (se ha lavorato negli ultimi 4 anni, circa 1800 euro), anche se il padre lavoratore, come quasi sempre capita, si dimette solo per cambiare posto di lavoro. Insomma: un bell’affare per lavoratore e INPS, meno per il datore.

 

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